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Carissima Ida Dominijanni le scrivo questa lettera in seguito alla lettura del suo articolo riguardante l’attualissima questione del Femminicidio. Mi chiamo Davide Desantis,risiedo a Priverno in provincia di Latina,ho 35 anni, tra un mese nella nostra famiglia arriverà una nuova vita.Rifletto sulla questione in oggetto da quando avevo sedici anni,poichè in quel periodo ho scoperto quella componente istintiva legata alla sessualità che porta a galla quei fattori che ci fanno assomigliare molto più alle belve feroci di quanto ce ne rendiamo effettivamente conto.La riflessione che è andata rafforzandosi in modo,oserei dire,categorico nel corso degli anni prendeva spunto dall’analisi della figura femminile(in quanto genere) nella storia.Il mio percorso è partito dall’osservazione e dallo studio ossessivo della vita di mia nonna materna.Il contesto epistolare mi obbliga ad essere breve nell’esporle i contenuti della mia speculazione,cercherò altresì di focalizzare i punti salienti che a mio avviso andrebbero presi in considerazione nel tentativo di cominciare a dare delle risposte ad una piaga sociale che non può far altro che espandersi,se i rimedi non vanno a colpire il nucleo dell’animo del maschio.Accennavo poc’anzi alla figura di mia nonna,una donna nata nel 1920,sposata nel 1936 con un uomo (mio nonno) che le è stato imposto dalla famiglia.Dal 1936 al 1956 è rimasta incinta 9 volte,7 gravidanze portate a termine e 2 aborti spontanei.I tempi erano quelli dei mariti in osteria che tornavano a casa la sera con i gradi mentali alterati dai gradi dell’alcool,e di lì via giù botte a “go go”,si può bene immaginare che il fatto di essere in stato interessante non inficiava minimamente sulla riflessione del maschio “ALPHA” che mirava solamente a marcare il proprio territorio.Dai racconti di mia nonna veniva fuori un quadro che a me appariva agghiacciante,ma lei si limitava a dire che all’epoca le cose stavano così, quasi per tutte.Le mie considerazioni hanno cominciato a prendere seriamente corpo quando ho compreso che nella storia del genere umano,gli uomini hanno sempre e solo pensato a squartarsi l’un l’altro e le donne invece si sono occupate della crescita della prole,di qui l’elementare considerazione che meriterebbe un approfondimento,ma non è questa la sede per farlo,sul fatto che l’evoluzione della specie umana si è avuta quasi esclusivamente grazie alla natura della madre in quanto femmina.Come accennavo sopra,nello stesso periodo in cui mi accingevo a fare queste considerazioni mi accorgevo che alcune di quelle pulsioni feroci facevano parte del mio stesso essere.Qualche volta nel pratico è accaduto che la bestia ha vinto sulla parte razionale di me,ed a farne le spese è stata suo malgrado la donna che sta per diventare oggi la madre di quella vita che sta per nascere.Di lì ho capito che la componente animale predomina su tutto e quindi ho imparato a prevenire quei momenti e a far prevalere l’uomo pensante sulla bestia pulsante.Avrei tantissimo da dire sulla mia esperienza e su quello che ho analizzato,mi limito a fare un pochino mio il discorso di Emanuele Severino quando asserisce che la paura dell’uomo toccherà il suo apice quando raggiungeremo il paradiso della tecnica,quella stessa tecnica che ha portato all’unica vera rivoluzione sociale che c’è stata nella storia dell’uomo,quando la donna ha preso ulteriormente in mano il timone della nave delle cose umane negli anni post seconda guerra mondiale,fenomeno che ormai inesorabilmente si sta espandendo al mondo intero.Sicuramente questo processo evolutivo avrà bisogno di qualche centinaio di anni per raggiungere il suo culmine ma la strada è tracciata.I maschietti se vogliono salvare il proprio genere hanno solo da capire che tra qualche decennio le donne non avranno più bisogno di noi neanche per procreare,quindi se c’è qualcuno che ha qualcosa da perdere,quel qualcuno non siamo nient’altro che noi carissimi colleghi di genere,altrimenti siamo destinati a perire,la strada è tracciata.Maschietti state buoni se potete,anzi state buoni se volete sopravvivere.
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Caro Davide, grazie davvero di questo commento e di aver messo a disposizione la sua riflessione biografica e personale, con un gesto di generosità e di responsabilità che ora, finalmente, alcuni uomini cominciano a fare, quando afferrano che la violenza sulle donne non è un fatto che riguarda ”gli altri” uomini ma una certa configurazione storica del maschile dalla quale è arrivato il momento di prendere consapevolmente le distanze. Di mio aggiungo una modifica del suo appello finale agli uomini, che a mio avviso non dovrebbero tanto tanto stare buoni per sopravvivere, quanto inventare delle risposte creative per vivere relazioni umane all’altezza della libertà guadagnata dalle donne. Grazie ancora e a presto, i.d.
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