Elezioni/1. Monti uno e bino

Nel giro di due settimane l’immagine e il messaggio politico di Mario Monti sono radicalmente cambiati, ed è cambiata di conseguenza la collocazione e la connotazione dei suoi interlocutori e/o avversari. Due settimane fa,  la stampa mainstream – basta riguardare la Repubblica e il Corsera di domenica 13 gennaio – dava praticamente per fatto l’accordo di governo fra il centrosinistra e il Professore, all’insegna dello slogan – rilanciato da Monti stesso – “riformismo o populismo”, ovvero dell’alleanza “fra riformismi diversi” contro il populismo sempreverde di Berlusconi, quello d’antan della Lega e quello ruspante di Grillo. Oggi la stessa stampa prefigura scenari assai diversi, con Monti che punta a scomporre sia il centrosinistra sia il centrodestra e a regnare con Bersani ma senza Vendola (e senza Cgil) e con Alfano ma senza Berlusconi (Scalfari su Repubblica), o con un nuovo parlamento ancora da eleggere ma già pieno degli ingovernabili veleni seminati in campagna elettorale (Luciano Fontana sul Corsera). In mezzo sono accadute molte cose: le forzature mediatiche sulle “aperture” di Vendola a Monti, le scomuniche di Monti su Vendola e sulla Cgil, il no di Bersani all’ingiunzione di rompere con Vendola e l’impegno di entrambi sugli F35 e sul piano della Cgil, l’esplosione dell’affair Mps e le poco felpate accuse di Monti al Pd, i fendenti di  Monti sia verso il centrosinistra sia verso il centrodestra, entrambi rei di non saper governare ed entrambi d’ostacolo al suo ”radical centrism”. Con conseguente sorpresa e delusione nel Pd per l’ingratitudine del premier ”tecnico” lealmente sostenuto per un anno. E con stupefatte o compiaciute sottolineature dell’influenza di David Axelrod, il ”guru” della comunicazione di Obama ingaggiato da Monti, nel cambio di passo e di tono del Professore.

Per quanti miracoli un guru possa fare, tuttavia, è abbastanza surreale – e sa molto dell’antica e subalterna ossessione del fronte antiberlusconiano per la potenza della comunicazione – attribuirgli un tale potere di trasformazione di un Monti sobrio, compassato, moderato e pronto all’accordo in un altro Monti aggressivo, esagitato e arroccato nel suo ruolo di unico possibile salvatore della patria. Resta un’altra ipotesi: che la trasformazione non sia così radicale, e che la stupefazione che essa suscita sia senza fondamento, come senza fondamento era la precedente illusione di avere a che fare con un alleato al miele o con un riformismo da sommare a quello del Pd nella trionfale guerra contro il populismo. Illusione ingenua, nonché colpevole, che ci riporta all’inizio della storia, quando del ruolo di salvatore della patria Monti fu investito, nel novembre del 2011, sotto l’incubo dello spread e nell’urgenza della ”liberazione” da Berlusconi.

Bastò poco, troppo poco, allora, per costruire l’immagine, e la convinzione, di un Professore contrapposto al Cavaliere,  e di un radicale cambio di stagione che si verificava come per magia in poche ore. La sobrietà al posto dell’eccesso, la compostezza al posto del bunga bunga, le competenze al posto dell’ignoranza, il realismo al posto del reality, il loden al posto del doppiopetto, le rughe al posto del lifting, i tagli al posto dei consumi, il rigore al posto della dissipazione, la quaresima al posto del carnevale. Ma l’indubbio  cambiamento estetico ed etico occultava già allora un altrettanto indubbio tratto di continuità fra il Professore e il Cavaliere nelle politiche economiche e sociali. Così come le modalità di investitura di Monti decise da Napolitano non interrompevano ma normalizzavano la tendenza all’eccezionalismo sperimentata in versione sovversiva nel ventennio berlusconiano. Per chi avesse occhi per guardare, fin d’allora Monti e Berlusconi, il Tecnico e il Comico,  non si presentavano come due ipotesi alternative, ma come due facce diverse della stessa medaglia neoliberista e della stessa resa della politica alle ragioni dell’economia e/o della tecnocrazia. Come i provvedimenti e i comportamenti del governo dei tecnici non hanno poi mancato di dimostrare in seguito.

Non è dunque un caso, né l’effetto di una mera tattica elettorale, il fatto che oggi ce li ritroviamo, il Comico e il Tecnico, come concorrenti sullo stesso bacino elettorale ”moderato”, e in fondo in fondo accomunati dalla stessa ansia fobica di immunizzare l’Italia dal pericolo rosso: salvo che per Berlusconi, che resta bipolarista, il pericolo scatta col Pd mentre per Monti scatta, bontà sua, ”solo” con Sel e la Cgil. Una differenza molto rilevante sotto il profilo della composizione del prossimo governo, assai meno sotto il profilo dell’uscita dal ventennio che abbiamo alle spalle. Sotto quest’ultimo profilo, non  si tratta di uscire solo dal carnevale berlusconiano ma anche e contemporaneamente dalla quaresima montiana. La scelta non è fra populismo e riformismo, ma fra populismo, tecnocrazia e democrazia da un lato, e fra un riformismo che punta a consolidare le gerarchie sociali e un riformismo che punta a scardinarle dall’altro.

Informazioni su Ida Dominijanni

Giornalista e ricercatrice indipendente
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2 risposte a Elezioni/1. Monti uno e bino

  1. laura cima ha detto:

    Monti è ambiguo ma anche il PD non scherza e sta perdendo elettorato con la sua coalizione. Non sottovaluterei Berlusconi: sorpresa votano a destra anche i giovani come da una rilevazione che ho messo su Femministe.Buon lavoro Ida, non è una fase facile e sarà molto utile averne da te i riscontri durante la capagna e poi in Parlamento

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  2. Fabrizio Montoro ha detto:

    Bella l’analisi come sempre alta, e mai superficiale di una osservatrice acuta come Ida Dominijanni!! L’obbligo che la sinistra Italiana ha, in questa fase più che in passato, è quello di recuperare una capacità di analisi e di critica, libera dal recinto del liberismo mercatista, in cui è stata per troppo tempo, rinchiusa!! Benvenuta Sinistra anche in Calabria!!

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