Femminicidio, iconografia della vittima

Ci sono talvolta danni simbolici incalcolabili provocati da operazioni animate magari dalle migliori intenzioni. E’ precisamente questo il caso della gigantesca operazione politica e mediatica allestita negli ultimi mesi sul cosiddetto femminicidio, e arrivata alla sua apoteosi nei giorni scorsi con la celebrazione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Al netto della ripetitività della ricorrenza, per molti versi uguale a se stessa ogni 25 novembre che dio manda al mondo, tiriamo le somme delle novità intervenute quest’anno dopo l’operazione suddetta, come fa e chiede di fare Angela Azzaro su www.glialtrionline.it.

Abbiamo in primo luogo una nuova legge, fatta per decreto governativo, che pur contenendo alcune norme parziali utili, secondo i centri antiviolenza, a contrastare il massacro quotidiano delle donne, tratta un problema sociale e culturale come un problema di ordine pubblico, riduce le donne a soggetti deboli sotto tutela dello Stato e della giurisdizione, ed è riuscita – un inedito assoluto – a usare il corpo femminile per normare questioni che col corpo femminile non c’entrano nulla, tipo il conflitto sulla Tav.

Abbiamo in secondo luogo un’iconografia pubblica, diffusa con gran dispendio di mezzi dalla televisione pubblica e privata nonché dalla pubblicità istituzionale del governo, che raffigura volti e corpi di donne pestati, smostrati, devastati. Per giunta in una involontaria ma evidente contrapposizione con i volti ben truccati e i corpi ben vestiti di altre donne che su vari palcoscenici, teatrali e televisivi, nazionali e internazionali, combattono meritoriamente contro il femminicidio in nome e per conto delle prime, sovente riempiendole di ottimi consigli: ribellati, denuncialo, liberati eccetera eccetera. Le immagini non mentono: lo spostamento dell’obiettivo dal corpo della vittima al corpo del carnefice che invochiamo da anni non c’è stato. Sotto i riflettori – e in fondo in fondo sotto accusa – c’è sempre il corpo femminile, mai quello maschile.

Pochissimi anni fa, in un recente passato ancora presente, sotto i primi colpi del sexgate berlusconiano eravamo all’improvviso diventate tutte veline e escort: il variegato mondo dell’informazione si produsse in questo giudizio sommario, o per accusare il berlusconismo (”tutte manipolate”) o per assolverlo (”tutte libere di valorizzare il proprio capitale di bellezza”). Adesso siamo diventate tutte vittime, ma di uomini senza faccia e senza parola. Poco più tardi, sotto i secondi colpi del sexgate, lo stesso variegato mondo dell’informazione, talvolta con le firme femminili in prima linea, si produsse invece nell’esercizio di dividerci in donne perbene (mogli e madri della patria) e donne permale (veline e escort di cui sopra). Adesso ci ritroviamo divise fra donne disgraziate e donne fortunate. Un bel vantaggio, non c’è che dire.

Non l’unico tuttavia: ce n’è un altro, ancora più tondo. Questo dispendio di immagini di donne massacrate e sfigurate vorrebbe fare leva, si presume, su un risveglio della coscienza maschile e sul richiamo degli uomini violenti a una qualche legge morale. Qualcuno però spieghi ai maghi della pubblicità e della comunicazione che la violenza ha spesso moventi inconsci, e che l’inconscio non risponde ai richiami morali: talvolta vuole solo godere, e di cose indicibili. Quell’insistenza sui volti e sui corpi femminili sfigurati e vittimizzati potrebbe non stimolare affatto una resipiscenza della coscienza maschile, ma l’inconscio godimento sadico che muove la violenza, la alimenta e se ne alimenta. L’anno prossimo, per favore, obiettivo sugli uomini: volti non mostruosi né sfigurati, ma normali, normalissimi.

Informazioni su Ida Dominijanni

Giornalista e ricercatrice indipendente
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7 risposte a Femminicidio, iconografia della vittima

  1. Francesca ha detto:

    Cara signora, io vorrei riuscire a parlare, con qualche evidenza più convincente del mio solo “sentire”, dell’inconscio godimento sadico che serpeggia tra i media. Per me uno stalking collettivo fatto di appostamenti indebiti e vignette e risate e grande malessere… Vorrei farlo per me, ovviamente, ma soprattutto per prendere atto della gravità della malattia che ci affligge e – forse – per riuscire a medicarla. Ho molto poco fiato (ormai) e scarsa vocazione a fare la vittima. Se comprende – almeno un pò – quel che dico e le va non esiti a contattarmi. Grazie Francesca

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  2. marialuisaboccia ha detto:

    come sempre lucida ed incisiva. hai mirato dritto al cuore del discorso. noi, donne, oggetto della rappresentazione, e divise tra buone e cattive. gli uomini sono dietro lo schermo. a reggere i fili della messa in scena? nella pubblicità che invita le donne a denunciarli, lei è in primo piano sorridente, come un idiota inconsapevole, lui le sta alle spalle con il volto coperto dalla scritta pubblicitaria. dio non voglia che qualcuna possa affiancare ad un volto normale ed anonimo di uomo la violenza! ma a fare danno, io credo, è sopratutto l’overdose retorica di immagini pubblicitarie, frammiste a discorsi e iniziative, politiche, culturali e quant’altro, senza distinzione alcuna su chi, come, perchè le ha promosse, con quale scopo e motivazione. nella girandola che per un giorno ci ha avvolto tutto si confonde e si stempera. e sopratutto non prende evidenza alcuna la sola, rilevante ed inquietante, novità intervenuta: le donne sono più autonome e libere e gli uomini più spaventati e dipendenti. effetto di un duplice e opposto mutamento. quello dell’individualismo neoliberale che ci vuole tutti e tutte impegnati/e a “realizzare” fantasie, godimenti, appropriazioni in una competizione senza limiti, se non quelli del denaro. e quello della soggettività femminile che cerca strade impreviste e inedite, a volte subendo, a volte sfuggendo, la presa dell’individualismo. mi scuso, la sommarietà non si addice a questo discorso. ma come si può ridurre mutamenti enormi e difficili da leggere, perchè ci attraversano, alla retorica da cui siamo state/i investiti? anche volendo riconoscere la buona volontà dei propositi, preoccupa. non siamo più capaci di pensare in grande? pure dovremmo.

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  3. maria ha detto:

    Brava Ida, io non ne posso più di questa rappresentazione quotidiana codificata in immagini ripetitive e false, sono nettamente contraria anche alla giornata contro la violenza, inutile se non dannosa.

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  4. Gentile Ida,
    prima ancora di completare la lettura del testo le segnalo che ho cliccato 4 volte all’indirizzo segnalato da lei per rintracciare l’articolo di Azzaro: la prim avolta mi si è aperto un sito pornografico (con relativa donna nuda), la seconda “pagina non trovata”, la terza una pubblicità di qualcosa che mi avvisava di aver vinto non so che, la quarta la pagina di un dizionario inglese. Non so se è capitato anche ad altre/i. Ora proseguo la lettura, ma già dall’inizio mi trovo d’accordo con quanto scrive

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