Quattro punti sul M5S

Un vecchio limite, forse ”il” limite della politica costituita sta nel suo rifiuto di accettare le rotture della sua forma di razionalità che provengono dalla politica sorgiva. Quando un movimento irrompe sulla scena con una forza inattesa – anche se non sempre imprevedibile – , la prima mossa istintiva e difensiva della politica ufficiale consiste in un tentativo di assimilarselo piegandolo al proprio linguaggio e alle proprie modalità, anche quando quel linguaggio e quelle modalità sono precisamente l’obiettivo polemico del conflitto che il movimento in questione scatena. E’ già accaduto in Italia, per fare i due esempi più macroscopici, con il movimento del ’77 e con il femminismo radicale, in entrambi i casi con il risultato di un non-dialogo. Accade di nuovo in questi giorni con il M5S, da parte del Pd e non solo del Pd. E’ sorprendente come il partito di Bersani sia passato d’un colpo da un atteggiamento di sostanziale sottovalutazione e ostilità tenuto per tutta la campagna elettorale nei confronti della creatura di Grillo («fascista digitale») all’apertura propositiva e contrattuale del giorno dopo i risultati, condìta dall’appello alla razionalità e al senso di responsabilità dei grillini – lo stesso appello che si ritrova nei testi di intellettuali pubblicati da Repubblica a sostegno del tentativo di Bersani. Come se facendo leva sui punti di programma simili, o compatibili, fra il M5S e il Pd si potesse evitare di confrontarsi con il punto ruvido e irriducibile del problema: il fatto cioè che il M5S è un movimento destituente, in nessun modo riconducibile a una logica costruttiva e programmatica. Il suo programma non consiste nei punti che pure enumera, bensì nella determinazione di far saltare, o quantomeno di inceppare gravemente, il funzionamento del sistema: fra questo ragionamento e quello di Bersani e dei suoi intellettuali di riferimento c’è per l’appunto un salto di razionalità.

Ma il Pd e la sua area non sono gli unici a essere messi in difficoltà da questo salto. Sul M5S si oscilla ovunque fra l’entusiasmo per la sua inattesa dirompenza e per la sua iperdemocratica orizzontalità e il panico per i suoi tratti gerarchici, populisti e millenaristi. Nel mezzo c’è l’incertezza agnostica di quante e quanti si accontentano dell’evidenza dei fatti: se in tanti e tante, simili a noi e di sinistra d.o.c, l’hanno votato, qualche buona ragione ci sarà; se esprime la rabbia e la frustrazione sociale, per giunta incanalandola in un percorso legalitario, meglio fidarsi che diffidarne. Con meno agnosticismo e con la consueta euforia per tutto ciò che abbia un vago, vaghissimo sapore di sovversivismo, altri, in area post-operaista – si veda l’interessante discussione, peraltro non univoca, in corso su uninomade.org – diffidano viceversa del marchio legalitario e giustizialista del M5S, ma si leccano i baffi per l’ingovernabilità che esso decreta, nonché per la composizione di classe moltitudinaria che lo connoterebbe. E pazienza per i tratti risentiti, forcaioli, fascistoidi e razzisti che pure evidentemente contiene (Gigi Roggero su Uninomade.org: «quando mai una composizione di classe non si esprime anche in forme ambigue, confuse e contraddittorie?»): la rivoluzione, si sa, è una freccia che corre lineare e progressiva, le contraddizioni in seno al popolo sono solo un incidente di percorso e durante il percorso l’importante è fare fuori la sinistra storica.

In tanto oscillare da tutte le parti e da parte di tutti, fa difetto la volontà e la capacità di vedere non i molti tratti, ma il tratto dominante del M5S: la sua direzione di fondo, la sua ideologia-guida, la sua ipotesi egemonica, nonché la sua genealogia costitutiva. Ciò che, insomma, ne restituisce il senso aldilà delle sue ambivalenze e aldilà degli elementi di ”somiglianza” con le rivendicazioni, i punti di programma e le parole d’ordine dei partiti di sinistra e dei movimenti antagonisti che in tanti – da Renzi a Bersani a Vendola ai militanti dei movimenti suddetti – adesso scoprono. L’analisi, assai critica, che del M5S propongono i Wu Ming è fra le poche, insieme con quella di Giuliano Santoro in Un Grillo qualunque, a fornire dei lumi in questa direzione. Se ne sentirà qualche eco nei quattro punti di riflessione che propongo qui.

1- L’exploit del M5S non è l’uscita dalla Seconda Repubblica: ne è piuttosto il frutto maturo, e forse l’ultimo atto. Del ventennio berlusconiano e del suo epilogo nell’anno montiano, Grillo, Casaleggio & Co. ereditano tre fattori cruciali: la ”grande narrazione” etico-politica della contrapposizione fra una società civile onesta e una casta corrotta; la scomposizione neoliberista del lavoro fordista nelle ”competenze” postfordiste; la ”compensazione” della crisi della rappresentanza politica con la rappresentazione mediatica (televisiva nel caso di Berlusconi, di rete nel caso di Grillo) e con una leadership personalizzata, accentrata e fortemente «attoriale».

Cominciamo dal primo. La contrapposizione fra società degli onesti e casta dei corrotti è una favola, forse ”la” favola, che ci accompagna fin dai primi anni Novanta. Come tutte le favole fa leva sull’immaginario popolare e su un ineccepibile dato di realtà, la rabbia montante contro i privilegi, la corruzione e soprattutto l’inerzia e l’impotenza del ceto politico. Il che non toglie tuttavia che resti una favola, auto-consolatoria e depistante. Ai tempi di Tangentopoli, che era un sistema di corruzione basato sullo scambio di favori e mazzette fra politici e imprenditori, servì a scaricare tutte le colpe sui politici assolvendo gli imprenditori; se ne giovò Silvio Berlusconi, che scese in campo presentandosi come imprenditore estraneo al Palazzo e per ciò stesso brava e affidabile persona. In seguito, durante il lungo regno del Cavaliere, la favola è servita da un lato a non vedere, sotto il postulato della società degli onesti, l’illegalità diffusa in cui l’illegalità permanente di Berlusconi ha trovato consenso e rispecchiamento; dall’altro lato a delegittimare, all’insegna del ”sono tutti uguali” o nella variante dell’inciucio, qualunque e sia pur timido tentativo del centrosinistra di andare o di consolidarsi al governo. Più di recente, nella versione firmata per il Corriere della Sera da Rizzo e Stella nel loro famoso libro, è servita a scavare come e meglio della vecchia talpa la buca della delegittimazione della politica tout court e dell’avvento al governo dei tecnici bocconiani. Adesso, nella versione grillina, la favola raccoglie la rabbia dei ceti sociali massacrati dalla crisi, e la lenisce non indirizzandola dove andrebbe indirizzata, contro la fissazione neoliberista e rigorista europea, ma prescrivendole una ricetta semplice semplice: fuori loro, i castali corrotti per definizione, dentro noi, i cittadini comuni (o gli uomini qualunque) onesti per definizione. Si suole vedere in questo la matrice antipolitica del M5S. Ma fin qui, ad essere precisi, saremmo solo dentro una pulsione fortemente antipartitocratica, pienamente comprensibile visto lo stato in cui si sono ridotti i partiti. La vera matrice antipolitica è più nascosta, e sta nel secondo fattore.

2 – Oltre che corrotta, la casta è per definizione incompetente: per il M5S il professionismo politico è, senza eccezioni, un trucco che copre l’incapacità di fare alcunché. I cittadini invece sanno quello che fanno e sono in grado di mettere le loro competenze al servizio del bene comune. L’abbiamo sentito nel rito di autopresentazione dei parlamentari grillini: faccio l’agricoltore e vorrei occuparmi di bioagricoltura, insegno e vorrei occuparmi di scuola e università, faccio l’infermiere e vorrei occuparmi di sanità. La cuoca di Lenin poteva e doveva imparare a governare lo Stato; la cuoca di Grillo non deve imparare niente, è pronta a insediarsi al ministero dell’alimentazione. Ora, si può vedere in questa galleria delle competenze la prova provata della composizione di classe avanzata del M5S – secondo le interpretazioni euforiche di cui sopra ”trainata” da net workers, lavoratori della conoscenza, precariato di prima generazione, proletariati disoccupati – nonché la faccia potenzialmente sovversiva del dispositivo biocapitalistico di messa al lavoro e di valorizzazione delle skill. Ma ci si può anche vedere una composizione interclassista trainata dal ceto medio impoverito e declassato dalla crisi (uno strato sociale che non ha mai portato bene alla causa né della democrazia né della rivoluzione); l’estensione alla politica dell’ideologia neoliberista del fai-da-te; e soprattutto il rovescio casereccio e velleitario della tecnicizzazione della politica già sperimentata con i bocconiani al governo. Se le competenze sono immediatamente politiche, se i mestieri si fanno immediatamente governo, non abbiamo liquidato il professionismo autoreferenziale e incompetente dell’odiata casta: abbiamo liquidato la politica come linguaggio autonomo, come terzo simbolico, come sede della mediazione fra specialismi, interessi e corporazioni. Non è la casta a essere rottamata, né i partiti, ma la politica tout court.

3- Il terzo fattore che dalla Seconda Repubblica trasloca nel M5S è il rapporto fra crisi della rappresentanza politica e uso della rappresentazione mediatica. Ciò che Berlusconi ha realizzato attraverso la tv, Grillo lo realizza attraverso la Rete, anzi attraverso un uso sapientemente integrato della televisione e di Internet. Su questo, e sulla concezione orizzontale e neutra della Rete smentita dalla sua gestione gerarchica e accentrata da parte del tandem Grillo-Casaleggio, è stato già detto e scritto tutto. Vale la pena però di ricordare che la Rete oggi come la tv nel passaggio dalla prima alla seconda Repubblica non funzionano solo come un ”mezzo” di conquista della scena politica e di costruzione del consenso: oggi come allora, fra rappresentanza politica e rappresentazione mediatica c’è un rapporto di concorrenza nella ridefinizione delle forme della politica. Fra il ’92 e il ’94, la televisione (tutta, non solo quella berlusconiana) anticipò con i suoi format (tv-verità, duelli, politica-spettacolo, infoteinment etc.) il cambiamento delle forme della politica (personalizzazione, leaderismo, bipolarizzazione, maggioritario), nonché del regime del dicibile/indicibile e del vero/falso. Oggi l’uso grillino della Rete evoca e mette in scena l’illusione di una forma di democrazia diretta e partecipata, in cui ”uno vale uno” ma uno (o due, tutt’e due maschi s’intende) decide su tutti e per tutti, in cui l’indignazione si scioglie con la stessa facilità con cui si esprime, in cui le relazioni lasciano il posto alla connessione. E in cui la pretesa di verità si sposta dal verbo televisivo alla trasparenza di Internet. Paradosso non ultimo, questa democrazia diretta coincide con la democrazia elettorale: non contesta le istituzioni della rappresentanza ma le occupa per destituirle. E’ questo il superamento della democrazia rappresentativa che ci attende, e nel quale dovrebbe riconoscersi la critica della rappresentanza dei movimenti che si sono succeduti dal Sessantotto in poi, femminismo compreso?

4 – Quando le cose che abbiamo desiderato si presentano con un segno rovesciato rispetto a quello che avevamo pensato, c’è poco da cantare vittoria e molto da riflettere, autocriticamente, sul nostro deficit di capacità egemonica. Per questo non mi convincono i salti di gioia per la composizione di classe, la critica della rappresentanza, la democrazia diretta e gli effetti di ingovernabilità del M5S. Che esso incorpori punti programmatici e istanze dei movimenti non significa che noi nei movimenti radicali avevamo visto giusto e che Grillo lavora per facilitarci il compito: significa che noi non abbiamo saputo dare a questi punti e a queste istanze una carica egemonica, e che su questo deficit si è infilata la loro trascrizione grillina. Anche questo è già successo, con la trascrizione berlusconiana neoliberista delle istanze di libertà del ’68 e del femminismo, e sappiamo com’è andata a finire: per dirne una, con la libertà delle donne di vendersi al mercato del sesso e al mercatino del bunga bunga. Forse è più adeguato puntare sul seguente ossimoro: prendere sul serio l’elemento comico del personaggio Grillo. Forse la sua vera forza destituente sta qui, nel portare all’estremo paradossi e parossismi in cui la politica tradizionale e la democrazia rappresentativa si sono infilate da sole. Si chiama pratica della parodia, e non è poi tanto strano che sia l’unica efficace contro una politica ridottasi alla parodia di se stessa.

Informazioni su Ida Dominijanni

Giornalista e ricercatrice indipendente
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40 risposte a Quattro punti sul M5S

  1. nasosecco ha detto:

    Cara Ida, grazie per questa analisi.
    Ho seguito e ho partecipato al dibattito dei Wu Ming e ho sviluppato le mie proprie riflessioni in un articolo sul retroterra culturale New Age e complottista del duo Grillo/Casaleggio, cercando di mostrare come questi due elementi concorrono a costruire il populismo dell'”appello al popolo”, incentrato sulla narrazione della casta, che crea il dualismo tra “noi” e “loro”, così tipico dei programmi reazionari. Lo trovi qui: http://stornellidesilio.wordpress.com/2013/03/07/il-grillo-magico-complottismo-new-age-e-populismo-nel-m5s-unanalisi/

    Ho cercato poi di capire perché tanti a sinistra – più o meno criticamente – hanno visto in Grillo un’opportunità.
    Credo che sia riuscito a far entrare in risuonanza elementi del suo retroterra culturale con quello di tanti elettori e militanti della sinistra, che con lui condividono:
    – una certa forma di complottismo, come narrazione in fondo consolante di una realtà oppressiva, che emerge in una fase di riflusso delle speranze di cambiamento (sconfitta del movimento altermondialista, almeno in Italia).
    – Alcune pratiche simili alla New Age che – quando la dimensione collettiva dell’agire retrocede – prende la forma del disimpegno e del ripiegamento individuale (l’orto biologico, la meditazione,…). L’idea che – in fondo – il cambiamento debba prima avvenire individualmente, “dentro” ciascuno di noi.
    – Su questo ripiegamento contraddittoriamente si innesta la delega a chi riesce a “bucare” nell’opinione pubblica, a cui si affida la propria voce. Dopo anni di frustrazione, ecco finalmente qualcuno che riesce a farsi portavoce delle speranze e delle frustrazioni di tanti. Questo ci deve fare pensare – di converso – al permanere anche fra tanti a sinistra, del bisogno dell’uomo forte, di colui che può finalmente aiutarci, cambiare il mondo al posto nostro.

    In generale mi pare che il retroterra ideologico di Grillo/Casaleggio sia costruito con materiali spuri che denotano una visione del mondo reazionaria, da classe media incazzata e proletarizzata. La risposta dal punto di vista elettorale è stata quella che abbiamo visto: le classi medie hanno finalmente ritrovato un proprio leader. E tanti, anche nel movimento, nella sinistra, provenivano dalle classi medie…

    Nei dibattiti seguiti al mio articolo con amici e compagni che hanno votato Grillo è emersa – secondo me – l’incapacità di valutare le parole d’ordine del M5S nel quadro globale del progetto di Grillo, quello che fai invece bene tu. Il quadro è quello di una mobilitazione populista che – attraverso l’appello diretto al popolo – dice di voler spazzare via le mediazioni della democrazia rappresentativa, costruendo un rapporto verticale con il leader e di fatto mettendo il bavaglio alla mobilitazione collettiva e alla presa di parola popolare, scambiando la visione di un mondo diverso con il suo simulacro, la “conquista” del parlamento.

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  2. indicedilettura ha detto:

    Gentile Ida Dominijanni, grazie per le riflessioni che hai condiviso. Qualche giorno fa ho provato, alla maniera schematica e didascalica dell’insegnante, a fissare alcuni punti (il post è su Indice di lettura, ma credo che non si possano mettere link nei commenti). Mi scuso per la lunghezza del commento:

    Cos’è la destra, cos’è la destra. Un elenco procvvisorio
    Storicamente, tutti i movimenti politici che si sono presentati “al di là della destra e della sinistra” si sono collocati a destra (per rimanere in Italia: fascismo sansepolcrista, qualunquismo, Forza Italia).
    Storicamente, movimenti politici che hanno lucrato sul terrore dei ceti medi per la proletarizzazione si sono collocati a destra.
    Movimenti che non riconoscono l’esistenza di conflitti, di interessi e/o ideali contrapposti nel corpo sociale, o ritengano che di essi non si debba dare rappresentazione politica, si collocano a destra del liberalismo.
    Movimenti che non riconoscono l’esistenza del conflitto di classe nel corpo sociale, conflitto anteriore alla formazione di una coscienza di classe antagonista, non possono collocarsi a sinistra.
    Movimenti che non vedono l’appropriazione dei beni comuni, la rapina imperialistica e insieme lo sfruttamento del lavoro vivo come base dell’accumulazione capitalistica non appartengono alla sinistra: non a quella socialdemocratica, tantomeno a quella rivoluzionaria.
    Movimenti che individuano il soggetto politico in una comunità organica, definita nella sua identità per opposizione ad un “altro”, quale che sia ( per esempio la “casta”), sono senz’altro da ricondurre alla destra.
    Movimenti che non declinano i diritti (sociali, politici, civili, umani) secondo la gerarchia recepita anche dalla Costituzione repubblicana, predicando astrattamente a favore di alcuni, senza collegarli alle basi materiali della loro realizzazione, non appartengono alla sinistra.
    Movimenti i cui esponenti parlano del lavoro a tempo indeterminato come di “un privilegio” e chiamano a lavorare per un’amministrazione giovani esperti “ovviamente gratis”, non appartengono alla sinistra.
    Movimenti che concepiscono il cambiamento come un’utopia tecnocratica, in cui gli esperti ( i “sociocrati” di memoria comtiana), grazie alla competenza tecnica e al “merito” forniscono l’unica risposta adeguata, “buona”, “onesta” alla risoluzione dei problemi, ignorando il fatto che per ogni problema ci sono più soluzioni necessariamente in contrasto tra loro (e che dunque deve porsi la questione, del potere e dell’egemonia di una classe su un’altra prima di ogni altra considerazione); siffatti movimenti, dico, appartengono alla destra.
    Movimenti che rifiutano la mediazione intellettuale, l’analisi, la critica, sottraendosi al confronto su tale terreno; che si trincerano dietro i “voi non potete capire” e gli “aspettate e vedrete”, come ad intendere che il collante dell’esperienza politica sia qualcosa di ineffabile e irripetibile ( qualcosa che va persino oltre lo jesiano “linguaggio delle idee senza parole”) che prelude ad una palingenesi inaudita; tali movimenti dunque appartengono storicamente alla destra.
    Movimenti che sottovalutano il nesso posto da Rousseau tra democrazia diretta e dimensione locale (l’autogoverno delle comunità), pensando di realizzarla attraverso piattaforme comunicative che trascendono le possibilità di comprensione e intervento di militanti e simpatizzanti; che concepiscono la volontà generale come il risultato di flussi informativi spersonalizzati e in ultima analisi sovradeterminati ( rifiutando le ritualità democratiche stigmatizzate come arcaiche e superate”) appartengono alla destra e rappresentano un’evoluzione della telecrazia berlusconiana.
    Movimenti che si candidano a gestire decrescita e deflazione senza porre il problema della redistribuzione del reddito, sottacendo il fatto che il capitale prospera anche nella crisi ( perché il capitale è la crisi, come ricorda B. Vecchi su Uninomade) non possono che alimentare una visione utopica ( in realtà distopica) e idilliaca, quindi reazionaria, centrata sulla “sobrietà” dei buoni tempi andati.
    Movimenti che accolgono nelle loro culture politiche argomenti cospirazionisti su scala mondiale, appartengono alla destra dai tempi dell’abate Barruel e i suoi Mémoires pour servir à l’histoire di jacobinisme.

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  3. Finalmente un bel post dal taglio sociologico sul 5Stelle, dopo giorni e giorni di veleni sputati senza criterio da irriducibili elettori integralisti del Pd. Aggiungo questo: la comunicazione del movimento viaggia su due canali; uno popolare e uno un po’ più colto. Quello popolare si basa sui fattacci di casa nostra e poggia proprio sulla classica contrapposizione “noi contro di loro”. E’ inevitabile far leva su questo aspetto, non tutti hanno una preparazione per vedere che il grosso dei problemi si trova, invece, nel sistema economico europeo pur essendo appurato che la politica di casa nostra è un disastro. Per le persone più competenti, invece, da Grillo in persona è uscito il tema del referendum sull’Euro. In ogni caso, con qualsiasi media a disposizione, passato, presente o futuro, la creazione di consenso politico è un’operazione di marketing, è ovvio che ha un attimo di acume in materia ne vede i meccanismi, ma è inevitabile…

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  4. Mimmo Minaglia ha detto:

    Più o meno ,in poche parole:sbraitando con parole d’ordine semplici e di forte presa immaginifica ha preso voti illudendo gli elettori che,basta volerlo,basta buttar giù i soliti noti,e ttutti saranno felici.Iproblemi saranno risolti,tanto è facile,solo i politici tutti non volevano.
    D’accordo,ma che fare?Se i dati economici continuano sulla strada in cui sono indirizzati,quest’anno avremo un altro buopn 6 % di disoccupazione in più,visto che,storicamente,due punti di Pil in più corrispondono a un punto di occupazione,e quindi,col segno negativo,si fan presto i conti.
    Si potrà governare il disastro?Situazione prerivoluzionaria,in un senso o nell’altro.

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  5. Sergio Mancioppi ha detto:

    Analisi condivisibile, in gran parte. Bisognerebbe partire da considerazioni del genere, soprattutto rispetto all’aspetto critico nei confronti di chi aveva una visione alternativa alla cultura dominante della seconda repubblica e non ha saputo/voluto farsi carico di una battaglia politica coerente, magari preferendo una frequentazione autoreferenziale ai riti della politica dominante. Una perplessità relativa al punto 2 dell’analisi, che trovo corretta ma limitata. Il tema della professionalità è trasversale, non occupa solamente l’asse società civile –> professioni –> classe politica. E’ vero che la professionalità “civile” non può e non deve sostituirsi alla capacità e “professionalità” politica, ma è altresì vero ( e più importante per l’opinione pubblica) che il mondo della politica non deformi a propria immagine e per i propri interessi lo sviluppo delle capacità e valenze professionali. Detto in altre parole: da almeno trenta anni (forse di più) l’Italia subisce un processo analitico di selezione di una classe dirigente, in senso largo, condotta con criteri che escludono sistematicamente la competenza e la professionalità privilegiando in modo esclusivo l’appartenenza ad un ceto o corporazione di riferimento. Questo a tutti i livelli, nel mondo del pubblico impiego e nel mondo dell’impresa privata, portando alla concentrazione del potere decisionale e dello sviluppo professionale nelle mani di una ristretta, privilegiata, incompetente e in gran parte corrotta “elite” autoreferenziale. Il mondo della politica è lo snodo centrale di questo sistema. Chi vive al di fuori del mondo della politica e dell’informazione sente questo squilibrio, che è la causa centrale della crisi sistemica dell’Italia, e individua correttamente il mondo della politica come il principale responsabile della deformazione anti-meritocratica diventata sistema. Come spiegare altrimenti il fatto che alcune personalità di rilievo centrale nella pubblica amministrazione (si pensi ad un Catricalà o ad un Malinconico) siano universalmente note come depositarie di potere, privilegi e denaro e allo stesso tempo di incapacità professionale clamorosa. Il tutto prescindendo completamente dal governo di turno, centro, sinistra o destra. Quello che muove l’odio e il disprezzo della pubblica opinione verso il mondo della politica è il fatto che esso rappresenta l’interfaccia più esplicita con il mondo del potere “reale” e garantisce che esso sia gestito e conservato con criteri che nulla hanno a che fare con la competenza e la professionalità. Purtroppo per capire appieno questo processo bisogna avere competenze e esperienze che quasi mai fanno parte del bagaglio culturale del personale politico o culturale o giornalistico, anche se afferente ai valori e alla tradizione della sinistra. Da qui l’approssimazione e la asimmetria dell’analisi di sopra.

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  6. Vittorio Cappelli ha detto:

    Parafrasando: l’analisi della Dominijanni, francamente, non mi sembra che faccia intravedere l’uscita dall’ennesima e forse definitiva sconfitta elettorale della sinistra, ma ne sia piuttosto il frutto maturo e forse l’ultimo atto.
    Un po’ di autoanalisi a proposito dell’ultima campagna elettorale, in cui la Dominijanni era candidata di Sel in Calabria, catapultata da Roma, come da tradizione, in virtù di sacre gerarchie politico-intellettuali, non guasterebbe.
    Infine, eviterei anacronismi linguistici ed eufemismi del tipo “deficit di capacità egemonica”, che si accompagnano all’ostinato rifiuto di voler seriamente prendere in considerazione i contenuti programmatici assieme ai metodi del M5S.
    Di questo passo, per finire nel baratro basta solo l’ultimo soffio.

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    • idomini ha detto:

      Caro Vittorio, ho imparato da Luigi Pintor, ottimo maestro, che in un articolo si fa una cosa sola (infatti di solito non supero le 70 righe). Un abbozzo di analisi del M5S mi pareva più che sufficiente (e di righe ne ho scritte fin troppe). L’autoanalisi sulla mia campagna elettorale arriva, tranquillo, proprio all’Unical, il 21 aprile, h.11, al Dipartimento di Scienze politiche che mi ha fatto l’onore di chiedermela e dove spero di vederti per discutere di persona. Ma solo nel caso che ci risparmiamo gli insulti. Io non sono stata catapultata da Roma da nessuno, mi era stato proposto di essere catapultata in una regione a elezione garantita ma ho chiesto la Calabria, che nel caso non lo sapessi è la mia regione, con la quale, compatibilmente col mio lavoro, ho sempre intrattenuto rapporti affettivi, intellettuali e politici intensi, e dove mi interessava fare la scommessa che ho fatto. Quanto alle sacre gerarchie politico-intellettuali, se aver lavorato per trent’anni in un quotidiano militante della sinistra radicale significa farne parte sono fiera di farne parte. Mi spiace infine che il pregiudizio sulla mia presunta incapacità di autoanalisi ti abbia impedito di capire che il deficit di capacità egemonica lo attribuisco per l’appunto a me e a quelli come me, non al M5S. A presto, i.d.

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  7. Vittorio Cappelli ha detto:

    Mi spiace, ma mi pare di non aver insultato nessuno. Ho solo invitato ad una ulteriore e diversa riflessione

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    • faralla ha detto:

      Caro Vittorio,
      ne approfitto per risponderti e proseguire la chiacchierata “de visu” dell’altra sera.
      Forse stiamo perdendo di lucidità. Mi spiego velocemente, visto che in altre sedi ho espresso il mio parere.
      Al contrario di quanto scrivi, l’analisi di Ida Dominijanni non mi pare rassicurante per il lettore “de sinistra”. Non fa sconti alle sinistre (tutte) e anzi ci costringe a metterci in discussione. A me pare molto più autoconsolatorio pensare che in fondo la vittoria di Grillo sia un effetto dell’azione della vecchia talpa che scava, il trionfo di un programma “di sinistra”. Si tratta piuttosto di ragionare – come cerchiamo di fare in mezzo all’oceano di semplificazioni e banalizzazioni – su come quella macchina terribilmente ambivalente sia nei contenuti (xenofobia da una parte e ambientalismo dall’altra) che nei metodi (la tanto sbandierata “democrazia telematica” che si manifesta attraverso il modello proprietario del movimento-azienda che funziona come un franchising) abbia raccolto tanti voti e abbia lucrato sul dissenso diffuso. Questo punto di vista consente di vedere sia i rischi (per me molto inquietanti) del M5S che i limiti (altrettanto preoccupanti) di chi fa politica da questa parte della barricata.
      Un abbraccio e a presto
      giuliano santoro

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      • idomini ha detto:

        Caro Giuliano, grazie di questo tuo commento e soprattutto complimenti per il tuo libro, che ho trovato davvero, ma davvero, assai bello. Pensa che buffo: Annarosa, che è una mia vecchia amica, me ne aveva parlato durante la campagna elettorale a Cosenza, ma io ho realizzato solo a fine lettura che suo figlio sei tu! Spero di incontrarti presto. Io sono a Cosenza giovedì mattina, altrimenti a Roma quando vuoi, i.

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  9. Raffaella Rumiati ha detto:

    Cara Dr Dominijanni, la ringrazio molto per la sua analisi che trovo molto illuminante e condivisibile. Buon lavoro!

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  10. Cesare Sangalli ha detto:

    La critica di Ida Domijanni è talmente lucida da risultare perfetta. Perfino troppo. Mi spiego meglio: intanto non è facilmente accessibile ad un pubblico che non sia più che competente, cioè che abbia un buon livello culturale e una buona formazione politica (anzi, diciamo ottima).
    Poi va ad analizzare in profondità , in modo raffinato, meccanismi che sono culturali, filosofici, sociologici, però non immediatamente “politici ” (virgolette obbligatorie).
    Tutto vero e tutto giusto ma, come avviene per l’esegesi del Vangelo (ebbene sì, sono cattolico) c’è anche un livello meno sofisticato, e non per questo meno vero, di vedere le cose. Mi limito ad un rimando internazionale: l’esperienza dell’Ecuador con la rivoluzione dei “forajidos” (vedi reportage “Ecuador, laboratorio latino” su http://www.altrevoci.it – è del 2006, antecedente all’epifania M5S) . E cito un evento politico che non viene praticamente MAI ricordato. i referendum del 26 giugno 2006, per dire che, al di là della favola populista, il popolo italiano era (ed è) davvero un po’ migliore della sua classe dirigente e dei suoi rappresentanti politici (e lì si trattava di difendere la Costituzione, dal resistibile assalto di Lega e PDL). In quel caso, l’egemonia l’abbiamo conquistata in solitudine, nonostante i mondiali, l’estate (e la sinistra al governo, battuta amara)

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  11. Paola ha detto:

    Grillo paragonato ai movimenti? Siamo in presenza di una precisa strategia di proprieta’ e gestione dei mezzi di comunicazione (produzione informazioni) di massa. E’ tutt’altro che un “movimento”

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  12. nasosecco ha detto:

    L’ha ribloggato su Suiche ha commentato:
    Rilancio un’analisi molto interessante e lucida sulla vittoria del M5S di Ida Dominijanni che – come me – sostiene che il contenitore della protesta non è senza influenze sulla protesta stessa e sul modo in cui si esplica. Da leggere.

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  13. nasosecco ha detto:

    Mi sono permesso di “ribloggare” la tua analisi: http://stornellidesilio.wordpress.com/
    Grazie

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    • idomini ha detto:

      Caro Mattia (non sbaglio il nome, no?), grazie per avermi ripubblicato, ma soprattutto: ho letto tutto sul tuo blog e ho capito un sacco di cose che prima intuivo solo confusamente: ne sai molto più tu di me. Sono molto colpita, come te, dal fatto che tanti a sinistra si ostinano a star dietro alle ‘tante cose’ del M5S sottovalutando pericolosamente il frame culturale di fondo, e la direzione di fondo. Credo chedobbiamo continuare questo paziente lavoro di decostruzione e svelamento. A presto, i.

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      • nasosecco ha detto:

        Ciao Ida, dici giusto…
        sono felice che la mia analisi ti abbia convinto, tutto è partito dal dibattito di Wu Ming… Come forse avrai visto sul mio blog, le reazioni di amici e compagni di sinistra sono state molto vivaci: sono stato accusato a mia volta di essere complottista… 🙂 Per questo mi ha confortato leggere la tua riflessione, che mi convince.
        Oggi un amico mi ha proposto la metafora dello specchio: il M5S riflette a ciascuno la propria immagine, così che ognuno vi si vede rispecchiato, ma vi vede solo sé stesso e altri come lui. L’intellettualità di sinistra vi vede altra intellettualità di sinistra, i propri valori, ma purtroppo non vede altro…
        Detto questo, ovviamente, bisogna rimboccarsi le maniche, perché da una sconfitta della sinistra non consegua un disastro per tutti…

        PS: per “ribloggare” basta cliccare il simbolino con le due freccette e la scritta “ribloggalo” sulla barra degli strumenti nera di wordpress! 🙂

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  14. Ottavio Stracuzzi ha detto:

    Condivido pienamente l’analisi fatta da Ida Dominianni, alla quale qualche mese fa ho chiesto se per caso é figlia di Dominianni, allora comunista e – assieme a me – nel Consiglio Nazionale dell’UNURI negli anni ccinquanta.

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  15. Pingback: Il Manifesto Bologna » Quattro punti sul Movimento 5 Stelle

  16. Simona Forti ha detto:

    Cara Ida,
    Come sempre la tua lucidità mi è di conforto
    S.

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  17. Onion56 ha detto:

    Analisi interessante e condivisibile quella di Ida; il punto più preoccupante per me è il secondo
    ” … abbiamo liquidato la politica come linguaggio autonomo, come terzo simbolico, come sede della mediazione … Non è la casta a essere rottamata, né i partiti, ma la politica” . La politica serve a mediare i conflitti sopratutto nei momenti di Crisi economica e sociale, come l’attuale. E questo mi preoccupa.

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  18. Paola ha detto:

    L’exploit del m5s è dovuto a: anticasta / incompetenza fai-da-te neoliberista / democrazia diretta (o finta tale) / parodia e paradosso? Trovo la lettura piuttosto ingenua. Ingenua non significa che i punti non siano veri, ma che non sono certo la “ragione dell’exploit”. E non accorgersi di questo – da parte di tanta sinistra – sta creando un pericolo devastante per questo paese.

    L’exploit del m5s, dove per exploit si intende una forza che e’ diventata primo partito politico in italia in una sola elezione, e non un movimento al 3 o 4% (in questo senso si parla di exploit) è dovuto a una precisa strategia, su larga scala, di PROPRIETA’, e GESTIONE dei MEZZI di COMUNICAZIONE (*produzione informazioni*) di MASSA.
    Sarò vetero marxista ma il resto sono chiacchiere, e infatti Grillo dice tutto e il contrario di tutto, e tutti a stargli dietro. Perche’ non e’ importante tanto cosa dice, ma il fatto che si sia costruito le proprieta’ e la gestione del linguaggio e dei mezzi di comunicazione.

    La strategia mediatica del gruppo Casaleggio prevede come prima mossa l’azionariato di diverse testate, collane ecc. (stampa, internet, tv) con un approccio pero’ diverso da come si è fatto in passato: dissimulare queste appartenenze, non sottolineare anzi, tendere a cancellare l’appartenenza ad uno stesso gruppo/brand. Questo perche’ uno dei punti della grammatica del nuovo linguaggio ipermediale è che il pubblico dell’era mainstream si e’ trasformato nei “pubblici” dell’era 2.0. Quindi una cosa appare piu’ vera se viene letta da fonti differenti e apparentemente slegate. Salvo che dietro quell'”apparentemente” c’è una precisa strategia di potere mediatico messa in piedi non ieri, proprio come B. fece con le tv private ed editoria ben “prima” di scendere in campo. E’ da quando esiste il voto di massa che i poteri, se vogliono ottenere consenso elettorale, devono “prima” costruirsi conoscenza di linguaggi e proprieta’ dei mezzi di comunicazione di massa (radio, editoria, teatro di massa, architettura, cinema, tv, ora internet).

    La galassia mediatica del gruppo casaleggio, gia’ da tempo comprende, a livello di azionariato/proprietà/gestione:
    – Blog http://www.beppegrillo.it
    – Movimento 5 stelle http://www.beppegrillo.it/movimentohttps://it.foursquare.com/mov5stelle
    – Tzetze http://www.tzetze.it
    – Cadoinpiedi http://www.cadoinpiedi.it/
    – Voglio scendere http://www.voglioscendere.it
    – Italiopoli http://www.italiopoli.it
    – Chiarelettere http://www.chiarelettere.it
    – Chiarelettere Blog http://blog.chiarelettere.it
    – Chiarelettere social network http://chiarelettere.gruppi.ilcannocchiale.it/groups/groupssearch.aspx
    – Toghe rotte http://togherotte.ilcannocchiale.it
    – Viaggio nel silenzio http://viaggionelsilenzio.ilcannocchiale.it
    – Napoleoni http://lanapoleoni.ilcannocchiale.it
    – I nuovi mostri http://www.inuovimostri.gruppi.ilcannocchiale.it
    – Meetup http://www.meetup.com
    – Il fatto quotidiano http://www.ilfattoquotidiano.it
    – Travaglio
    il blog http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/mtravaglio
    l’appuntamento video http://www.beppegrillo.it/battaglie/passaparola.php
    – Di Pietro sito di Di Pietro fino al 2010
    – Enamics e BTM
    Casaleggio Associati è partner di Enamics http://www.enamics.com e collabora strettamente con BTM Institute http://www.btminstitute.org
    – Il libraio http://www.illibraio.it/
    – GEMS Gruppo editoriale Mauri Spagnol http://www.maurispagnol.it/
    L’elenco non pretende di essere esaustivo.

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  19. pierluigi ha detto:

    Convincente analisi; a proposito di ”immediatamente” – e per certi versi, della cuoca di Grillo al ministero dell’ alimentazione – condivido in particolare un passaggio del commento di nasosecco: m5s è anche un tipo di discorso molto individuato sul soggetto. L’ antropologia soggettiva di m5s è una antropologia del soggetto efficiente, del soggetto come luogo di precipitazione di pratiche ”qualitogene”, ottimizzanti. Dico ”qualitogene” volendo evocare l’ uso caratteristico che nel discorso tecno-economico si fa della parola qualità (qualità totale, tipicamente).
    L’ ottimizzazione è sempre un’ ottimizzazione soggettiva di tipo destituente; il soggetto grillino è spesso un soggetto animato da furia incendiaria per sostanze o pratiche nocive: immaginano additivi tossici nei biscotti, nel sugo, nei tortellini etc. .. dei ”di più” inutili, dannosi, che appesanticono, impastoiano, gonfiano di negatività impeditiva dei puri diagrammi concettuali potenzialmente buoni.
    Quindi qualità e ottimizzazione come riduzione, destituzione, anoressizzazione. Da questo punto di vista, io penso che tutto questo nodo vada riportato – e in qusto c’ è una forte giunzione con l’ economia postfordista e i net-workers – alla generale mentalizzazione del panorama sociale, fin nelle pratiche quotidiane.
    Ma la questione che andrebbe dibattuta è come in m5s tutto questo si traduce in una presunta indistinzione tra soggetto, patto sociale razionalità politica. L’ indistinzione tra questi tre dispositivi è stata sempre una tentazione latente, e a volte esplicita, delle formazioni ideologiche. Con qualche scarto decisivo tra le tre. Ora a me sembra che ci sia invece una preoccupante trasversalità concettuale tra discorso del soggetto, discorso della società, discorso della politica. (i genitivi vanno intesi, come al solito, nel loro senso doppio). Soggetto, società e politica vengono capillarmente trapassati al vaglio di reticoli imperativi, capaci di imporre una ristrutturazione feroce, neo-oggettivata, tipicamente al ribasso – la riduzione come cifra generale di m5s, ad esempio, ha ben poco di sottilmente perfomativo e molto di rozzamente disciplinare. Dunque, dissolvere la kasta, come dissolvere il colesterolo, come dissolvere l’ olio di palma dai biscotti – non fa pensare a belle cose, un protagonismo così evidente del discorso biologico-oggettivo. Se accettiamo poi l’ interpretazione di m5s come ipotesi riducente-ottimizzante, qui la sovrapposizione con il neo-liberismo montiano mi sembra evidente….

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  20. Pingback: Il Grillo magico. Complottismo, New Age e populismo nel M5S: un’analisi. | Suich

  21. Paola ha detto:

    Oltre alla proprietà dei mezzi/canali di comunicazione di massa, devi avere anche una strategia e conoscenza del linguaggio e del mezzo. Cosa che il gruppo Casaleggio, sempre da alcuni anni, ha messo in piedi.

    Una delle regole d’oro della comunicazione ipermediale è che il 10% delle persone influenza in rete il 90%. Da cui la formazione (affatto spontanea) degli influencer. Persone che (a vari livelli, dal professionista dipendente del gruppo, al simpatizzante) intervengono con precise strategie e metodi in tutte le discussioni sul tema. Creando ad hoc, oltre a quelli veri, centinaia di falsi profili, e sfruttando le tecniche di monitoraggio e software di text analysis su web per avere in tempo reale sotto controllo tutte le conversazioni intorno a determinati temi/keywords, in modo da intervenire subito, in alcuni casi censurando (là dove il canale è di proprietà), in altri attaccando, anche con violenza, provocando ecc. ecc. ai fini di debilitare – con la violenza verbale e l’impegno lavorativo – la maggior parte delle opinioni contrarie spontanee di persone che non hanno tempo e forza di seguire oltre un certo limite.
    Ci sono diverse altre “regole” grammaticali e di sintassi, che generano diverse altre tecniche, estremamente efficaci, di comunicazione (la destrutturazione del senso – nella logica del link che sostituisce il punto, e varie altre.
    Sotto questo profilo, nessuno in Italia più del Gruppo Casaleggio e galassia che ruota intorno, ha da anni fatto meglio sul versante politico. A paragone, tutti gli altri sembrano scimmie alle prese con pennino e calamaio.

    Se pensate che internet è talmente vasta e infinita che non e’ possibile “controllarla”, “gestirla”, pensate a questa regola del marketing on line del 10-90% http://www.casaleggio.it/2009/06/gli_influencer.php

    Questo linguaggio, come ogni altro, e di conseguenza la relativa struttura mediatica (come l’editoria per la scrittura, la tv per il linguaggio video) ha diverse altre regole, grammatiche e sintassi (il link che sostituisce il punto, e dunque la destrutturazione del senso che perde qualunque unità semantica, ecc.). Se le conosci, sai come usarle. La sinistra si è fermata al cinema. Ha perso la tv e ora internet. Con una sufficienza snobistica scandalosamente miope e suicida. Non basta twittare due sciocchezze per saper pianificare a distanza una precisa strategia massmediatica.

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  22. Paola ha detto:

    Un altro punto essenziale è che, se è pur vero che internet è un mezzo di comunicazione di massa utilizzato (per il momento) dal 50% della popolazione (ed un 26% quotidianamente attiva), è diventato pero’ *fonte* referenziale degli altri canali. Quello che avviene su internet diventa contenuto degli altri mezzi (stampa, radio, tv).

    Ancora: come la tv ha informato il linguaggio politico e i suoi stessi contenuti (+ spettacolarizzazione, costruzione agenda politica, frammentazione dell’informazione politica, personalizzazione, leaderizzazione, selezione élite politiche), anche internet sta di nuovo informando tutto (e in modi differenti).

    E ora Grillo, dopo aver acquisito il 10% di internet (influencer), una parte importante dell’editoria a tema politico/sociale, aver messo le mani direttamente o indirettamente (fonte) su vari canali tv… ora vuole la presidenza vigilanza Rai.

    Dopo non aver impedito il conflitto di interessi a Berlusconi (il quarto potere + potere legislativo ed esecutivo), ci accorgeremo e faremo qualcosa di fronte a questa nuova strategia che già sta imbambolando con la potenza dei mezzi di comunicazione di massa larghe fasce di popolazione? Una volta presi (i mezzi e la popolazione), non basta una generazione a recuperare il senso critico.

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  23. Osvaldo Fressoia - Perugia ha detto:

    Cara Ida,
    ti scrivo nel blog perché è l’unico modo per contattarti e per chiederti, insieme agli altri compagni di micropolis, inserto mensile umbro che da 17 anni viene distribuito nella nostra regione dentro il manifesto, se è possibile utilizzare il tuo ottimo articolo dedicato al M5S nel prossimo numero del nostro giornale che prevede un inserto dedicato appunto a Grillo e al suo movimento in Umbria. Se ritieni che la cosa sia possibile, ti prego gentilmente di farcelo sapere il prima possibile ed eventualmente di stabilire tu come metterci in contatto. Ti ringraziamo comunque, se non altro per le cose che hai scritto e per quelle che continui a scrivere… Siamo anche noi compagni delusi per come sono andate le cose al nostro vecchio amato manifesto….
    un caro saluto
    osvaldo fressoia
    redazione di micropolis – mensile umbro di politica economia e cultura

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  24. antonio ha detto:

    questo commento l’ho scritto a caldo all’uscita del tuo pezzo sul blog. Ora c’è l’elezione del presidente della Repubblica …….

    A prima vista destituente. A me pare “destituente e non costruttivo” anche il programma del governo Monti ad esempio. Mi sembra che la crisi strutturale e di sistema dell’oggi sia irrisolvibile utilizzando le ricette fin ad ora proposte da variabili alleanze costruite sul realismo politico. E questo realismo tiene si conto dei rapporti di forza , di classe, esistenti ma non permette di capire che anche i vincitori di oggi, quel 1% contro il 99 o come volete chiamare i ceti dominanti, non sanno in realtà cosa fare. Io credo che il realismo politico che sta alla base dell’agire dei nostri partiti fino ad ora, del Pdl con o senza Berlusconi, del Pd con o senza Bersani o Renzi e di Monti con o senza Merkel, sia parte integrante del problema e non soluzione della crisi. Questo è il mio personale salto di razionalità.
    Grillo poi eredita la composizione sociale che siamo oggi e c’è poco da aggiungere.
    Riguardo a casta e società civile personalmente ammetto di cadere nel desiderio di cambiare e dunque sostituire i politici italiani ma anche “europei” che stanno accompagnando da 30 anni l’Europa al disastro e nel piccolo del nostro paese i politici italiani responsabili della seconda repubblica. E un desiderio rozzo ma non è anticasta, bensi politico. Personalmente ad esempio, sono pochissimo interessato alla via giudiziaria. Dei ladri ho di solito una buona considerazione. Diciamo che da sempre esistono. Dell’economia che si mangia la politica, che proprio la corrompe invece ho, oltre che paura, disistima del suo primato e questa poca stima si concretizza nella avversione per il concetto, di governabilità per come viene declinato dai nostri partiti o dalle nostre agenzie di rating. Governabilità alias – con un più di sottomissione all’economia, al business – governance, alias maggioritario e dunque splendore della seconda repubblica. Un’altra parola che temo perché mistificata, è la parola riforme, sempre da fare e sempre al plurale, ma anche sempre a distruggere quel che resta della società solidale versus privatizzazione, appropriazione economica, sulla politica come si accennava poco sopra. I politici di quella governabilità anzi di quella governance sono di solito veramente competenti, alla faccia della loro od altrui incompetenza: governano appunto e come dice Giuliano Ferrara farsi corrompere è un arte, l’arte della politica.
    Non mi piace affatto l’assenza di parola, che spesso trovo nei 5 stelle, il deficit di democrazia e quant’altro. Ma ho in “odio” il partito del fare di berlusconiana memoria, gli immobiliaristi al lavoro. Quello è la vera iattura.
    E come potrebbe essere che il politico cercando forme destituenti, finisca per accompagnarsi ad una governabilità altra e a riforme che non siano controriforme… proprio per essere costituente, poter esserlo di nuovo programmatico e costruttivo?

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    • idomini ha detto:

      Ciao Antonio, scusa il ritardo, ma guarda che siamo d’accordo più di quanto pensi. Anzi, siamo d’accordo su tutto, tranne forse che su un punto: io diffido più di te del modo in cui si esprime oggi il desiderio, che ovviamente condivido completamente, di cambiamento. Anch’io manderei tutti a casa, figuriamoci ora che la crisi s’è ”risolta” con uno come Enrico Letta, ma ho paura dell’ansia rottamatoria da cui questo desiderio è accompagnato, e che si scatena non solo contro la classe politica sputtanata e indifendibile che abbiamo (ma all’interno della quale bisognerebbe pure fare dei distinguo), ma contro tutti quelli che abbiano un senso più complesso delle cose e della politica, contro qualunque memoria sedimentata, contro qualunque pensiero critico. E’ la logica on-off, mi piace-non mi piace che mi spaventa, e purtroppo questa è la logica prevalente del M5S. Oltretutto non fa fuori la generazione degli ottantenni, cui riconosce comunque una qualche forma di autorevolezza, ma la nostra, quella, sempre sotto tiro, dei baby-boomers del 68 e seguenti. Secondo me dovremmo riflettere su questo. Baci grandi, peccato che sia dovuta scappare l’altra sera a Parma, a presto, i.

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  25. davide ha detto:

    Ottimo articolo, ne far un punto di riferimento, chiss che quanto letto non possa aiutare anche me.

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  26. traslocatori ha detto:

    Bellarticolo, ma concordo con chi dice… si spera sempre che alla fine vada tutto per il meglio!

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  27. Daniel Parretta ha detto:

    Gentile Ida,
    è un piacere trovare queste sue pagine online dove poter leggere le sue opinioni e idee sull’ attuale situazione politica italiana, se così si puo’ definire, considerato che, come dice Grillo, i partiti sono morti insieme ai propri valori. Da elettore del movimento 5 stelle, posso dire che la sua breve analisi è molto chiara e priva di lacune. Tuttavia c’è da dire e sottolineare che, Berlusconi utilizzo’ e utilizza tutt’ ora i media tradizionali, la televisione per propaganda, entrando nelle case di milioni di italiani, quando ancora l’ utilizzo di internet era privilegio di pochissimi. Grillo fa utilizzo della rete come mezzo alternativo, nuovo e sicuramente piu’ democratico, a patto di farne un uso sapiente e cauto. La spazzatura mediatica infatti si sta pian piano trasferendo online, conseguenza di una presa di coscienza delle diverse correnti e fazioni che prontamente si fanno la guerra, seguiti da milioni di persone che esprimono le proprie idee e opinioni sui social network.
    Il rischio è quello di incappare, come spesso accade, in verità fuorvianti o comunque nelle stesse “disattenzioni” e “distrazioni” rispetto a quelli che sono i reali problemi di questo paese, risucchiati nel vortice delle false ideologie e negli scontri che potrebbero non rimanere virtuali.
    Un saluto dalla Calabria. 🙂

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